Rigenerezione area ospedale di Biella

Prologo. Un tessuto di orti, di frutteti e di giardini per… dalle macerie del Monoblocco, un nuovo “monastero laico”.
L’idea origina da una necessità urgente del mondo d’oggi: far ri-conciliare l’essere umano al suo ambiente, per favorire uno sviluppo locale auto-sostenibile. L’essere umano è il cittadino del mondo e l’abitante di Biella, l’ambiente è la “Terra nostra madre” e il lembo di paesaggio urbano che riguarda l’Ospedale degli Infermi. Per rigenerare in senso profondo e duraturo nel tempo quel pezzo di città è necessario aver coraggio di cambiare radicalmente la propria idea di “riordino urbanistico e di riconversione funzionale”.

È necessario avere una visione che stia prima del progetto urbanistico-architettonico-impiantistico; che si nutra delle realtà visibili del luogo, fissate sia dalle analisi storiche, socio-economiche e urbanistiche del contesto, sia dalla puntigliosa immagine di Stefano Topuntoli, che descrive, da sinistra, le macerie dell’ex lanificio Rivetti, il terribile Monoblocco ospedaliero, la “grande bellezza” del sistema dei giardini, delle ville e dell’ex Monastero di San Gerolamo, la conca d’Oropa.
Una visione che si alimenti di esperienze oggi invisibili, eppur presenti nell’antica veduta Bugella Civitas che rappresenta il Convento di San Pietro degli Agostiniani, nell’area del vecchio Ospedale. Una visione che si inveri attraverso nuove pratiche di sviluppo socio-economico, pratiche che si possono immaginare mediante meccanismi investigativi stra-ordinari e partecipativi, non calati dall’alto, connessi in qualche modo al nostro amore verso il territorio biellese e la nostra città.
Per rigenerare il comparto ex Ospedale degli Infermi, è allora necessario fare un passo indietro e insieme prefigurare nuove e virtuose sinergie tra enti pubblici e soggetti privati. La nostra visione pre-vede la demolizione parziale del Monoblocco dell’Ospedale, totale degli altri padiglioni non tutelati dalla sovrintendenza. La creazione e la coltivazioni di orti urbani, di frutteti e di giardini, nuove piazze. Il restauro e la riconversione funzionale dei vecchi padiglioni ospedalieri secondo maniere e tecnologie innovative. Il potenziamento del collegamento tra nuovo “monastero laico” – città storica – Parco Fluviale e Agricolo del Cervo, lo sviluppo di nuove mobilità metropolitane e interregionali.

Demolizione parziale del Monoblocco, totale degli altri padiglioni. Rinnovata maniera di abitare la terra, di riciclare il materiale, di valorizzare la vocazione industriale.
La demolizione è un atto di violenza necessario. È un sacrificio perché l’immagine del Monoblocco è fissata nella memoria di alcuni cittadini. Necessario perché il Monoblocco dell’Ospedale non è l’Ospedale Niguarda Cà Granda di Milano (1939), né Le Molinette di Torino (1934), frutti d’eccellenza architettonica del periodo. L’Ospedale degli Infermi di Biella (1939) esprime al contrario un’architettura senza qualità e fuori scala rispetto a quel frammento di città.
Uno “scatolone” che ha massacrato il paesaggio, fatto di fasce orizzontali, di equilibri sottili tra elementi naturali (il torrente Cervo, la campagna, il Piano, i cedri, gli abeti, i faggi, le palme) e fatti antropici (l’ex lanificio Rivetti, le sue ville con giardini, l’ex Monastero di San Gerolamo), che si stagliano nel “gran teatro montano” della conca di Oropa. Uno “scatolone” che inquina la veduta sulla pianura padana che si ammira dal ponte-acquedotto del Piazzo.
Uno “scatolone” che impedisce ai vecchi padiglioni ospedalieri, posti a nord, di ricevere aria e luce, panorama e soleggiamento. Uno “scatolone” che per essere riempito di funzioni compatibili con la sua tipologia comporterebbe costi economici, di manutenzione ed energetici insostenibili, maggiori di eventuali benefici; comporterebbe una nuova e più terribile zona di città congestionata di auto, di smog e di attività inutili. A Biella, in particolare nel centro storico, le zone “tradizionali” per le residenze, per gli uffici e per il commercio soffrono di una crisi ormai strutturale. L’offerta è oggi maggiore della domanda; il prezzo di mercato, anomalo e basso, non consente acrobazie architettoniche, né energetiche; attività e servizi come la “città per bambini”, “show-rooms”, multiplex, “ristorantini ”, centri commerciali, nuovo parcheggio multipiano, magari avvolte da un involucro eco-chic, firmato da un archistar, dai costi insostenibili, costituirebbero l’abbrivio a un fallimento economico, sociale e ambientale.
L’abbattimento parziale del Monoblocco, totale del padiglione Caraccio, del padiglione prefabbricato, del padiglione 77, invece, migliorerà il paesaggio territoriale. Decongestionerà l’area dalle auto a dagli attuali accessi giornalieri. L’abbattimento costituirà un costo e un beneficio in termini di riuso e di riciclaggio del materiale demolito. Anticipando la normativa europea, il 70% del materiale demolito sarà riciclato in sito e utilizzato per la realizzazione del cantiere del nuovo progetto (infissi serra, pavimentazioni, muri), parte riusato nel comparto edile biellese. L’abbattimento sarà soprattutto un’occasione stra-ordinaria data alla città di ri-entrare nella sua storia. Non sarà dunque una rinuncia, ma un dare nel medio-lungo periodo; un guadagno in termini di introiti pubblici, di nuove politiche urbane e di valorizzazione della vocazione industriale biellese. Dell’abbattimento del Monoblocco rimarrà qualche rovina, che farà parte del nuovo progetto, che conterrà l’innovativo e privato Museo del tessile, con stanze per aziende “illustri” e “minori”, con spazi didattici e di ricerca, con belvedere sulla pianura e nuovo ristorante-bar che prepara cibi locali con ingredienti del “monastero laico”. Dalle macerie del Monoblocco sorgerà una rinnovata maniera di abitare la terra e di ridefinire formalmente, funzionalmente ed economicamente un lembo di città.

Creazione e coltivazione di orti, frutteti e giardini pubblici, nuove piazze. Cura dei luoghi, formazione, nuova socialità, manutenzione a costo zero.
La superficie lasciata libera dalle demolizioni, previa bonifica e modellazione topografica, sarà in parte coltivata a orti, frutteti e giardini. Essi saranno ceduti all’Amministrazione comunale. Le specie e le varietà dovranno essere compatibili con le caratteristiche del suolo e con la migliore agroecologia locale. Gli orti e il frutteto saranno gestiti da un nuova Associazione, formata da agronomi locali e dagli abitanti del “monastero laico”, (giovani e anziani) che pagherà l’affitto all’Amministrazione e firmerà un codice etico che delineerà le linee guida di coltivazione, vendita e di coordinamento delle attività agricole. Gli orti, il frutteto e il giardino concorreranno alla vicinanza tra luoghi dell’abitare e del lavoro, al miglioramento del benessere e della salute dei cittadini; ridurranno nel tempo le spese della sanità pubblica; avranno una ricaduta economica (pubblica, affitti – privata, consumo e vendita) e occupazionale; svilupperanno processi educativi legati ai valori della cooperazione; rinnoveranno sensibilità intrecciate al rispetto dei luoghi. Gli orti e i frutteti saranno coltivati all’interno del perimetro lasciato libero dal Monoblocco dell’Ospedale, dal padiglione Caraccio, dal padiglione 77; avranno ricoveri attrezzi, servizi e serre-semenzaio riscaldate mediante l’uso di pompe di calore e sosterranno in maniera integrata i pannelli fotovoltaici pubblici; saranno progettate e costruite con materiali ecologici, riciclati e di recupero, provenienti dal Biellese e dalla demolizione del Monoblocco. Gli orti, il frutteto e i giardini saranno autosufficienti, perché curati dai nuovi abitanti con la supervisione di un agronomo locale; verranno irrigati con l’acqua piovana raccolta in cisterne e proveniente dalle falde acquifere; costituiranno il tessuto connettivo pubblico tra i vecchi edifici dell’ex complesso ospedaliero, tra il “nuovo monastero laico” e il centro storico (Biella-Piazzo e Biella-Piano), tra il “nuovo incubatore” di idee e di socialità e la campagna del Parco Fluviale e Agricolo del Cervo. Tra gli orti e il frutteto sorgerà una nuova piazza pubblica: il “vuoto” terrà insieme la moltitudine di frammenti architettonici, naturali e funzionali, diventerà percorso e cavea-collina per gli spettacoli teatrali e cinematografici all’aperto, lucernario per gli spazi museali sottostanti. La nuova Piazza della Cultura concluderà il percorso pedonale-ciclabile Piazza Cisterna-Museo del Tessile. Dalla Piazza, attraverso una rampa che prosegue il percorso urbano, si accederà alla zona ipogea scavata nel bastione di via Cernaia che conterrà il nuovo mercato pubblico ortofrutticolo coperto con antistante nuova Piazza delle Erbe. Da lì nuovi collegamenti con il Parco Fluviale e Agricolo del Cervo e con il territorio biellese e interregionale. Lungo via Caraccio affiorerà un sistema privato di gradinate e negozi-vetrine per aziende eno-gastronomiche e tessili locali, luogo di mediazione tra città storica e orti urbani che produrrà affitti o ricavi. Le Piazze, gli orti, il frutteto e giardini pubblici saranno illuminati da luce a led, alimentata interamente dai pannelli fotovoltaici e da turbine idrauliche con presa dal torrente Cervo, con costi di manutenzione ed energetici quasi nulli per l’Amministrazione.

Il restauro e la riconversione funzionale dei vecchi padiglioni ospedalieri. Una nuova moltitudine di funzioni e di socialità, costi energetici quasi zero. Il Vecchio Ospedale, i padiglioni Grupallo, Trossi e Cartotti, edifici vincolati dalla sovrintendenza, costituiranno le pre-esistente da riconvertire funzionalmente e da riqualificare secondo tecniche, tecnologie e prassi di restauro economiche e innovative, affidabili e sostenibili. A eccezione del Trossi e parte del Grupallo, i vecchi padiglioni saranno venduti direttamente a soggetti privati, dopo redazione e approvazione di un Piano attuativo particolare, e produrranno reddito (affitti e start-up) e ricavi economici (vendita alloggi e uffici) che si incrementeranno con l’abbattimento del Monoblocco. Le funzioni, molteplici e variegate, diverse da quelle del P.R.G. vigente, sono scelte secondo criteri di equità sociale (residenze per giovani e anziani soli ad affitto calmierato, residenze per coppie o famiglie a basso reddito, social-housing, residenze per famiglie a medio-alto reddito); di integrazione tra abitare e lavorare (lavoro autonomo, artigiani, terziario avanzato, giovani professionisti, artisti, associazioni, volontariato); di compatibilità con gli orti, con i frutteti e con i giardini (scuola materna sperimentale, scuola di agroecologia locale, vendita attrezzi, concimi, sedi del terzo settore; di sintonia con la vocazione del distretto laniero (laboratori e centri di ricerche qualificati connessi al riciclo di materiali provenienti dal settore laniero e ai tessuti innovativi, botteghe artigianali, sarte e sarti, lavorazione cuoio); di potenziamento culturale, (luoghi di incubazione di idee e conoscenze, sorta di hub, libreria-biblioteca multimediali). La riqualificazione e il restauro dei padiglioni, dal punto di vista progettuale, costruttivo ed energetico avverrà per opera dei privati con una miscela di vecchio e nuovo, di tecnologie affidabili, di materiali innovativi, quasi esclusivamente locali e di riciclo provenienti dal Monoblocco, ecologici ed energeticamente efficienti, secondo le indicazioni del Piano attuativo particolare. Alcune parti e lavorazioni interne saranno lasciate in-compiute, per favorire iniziative spontanee di start-up e per ridurre i costi iniziali. Gli edifici saranno quasi autosufficienti dal punto di vista energetico. Gli abitanti, infine, potranno usufruire del nuovo collegamento metropolitano e interregionale attraverso la nuova banchina-fermata sulla ferrovia Biella-Novara.

Il collegamento del nuovo “monastero laico” con il centro storico e il Parco Fluviale e Agricolo del Cervo. Nuova mobilità città-territorio.
La rigenerazione dell’area dell’Ospedale dipende da sinergie pubblico-privato che riguardano il rinnovato assetto socio-economico e funzionale, svolte nel perimetro del bando di concorso, e insieme tocca aree e territori lontani e vicini; tocca la via Biella-Lago Maggiore-Svizzera, Biella-Ivrea-Francia, Valle di Oropa-pianura di Vercelli, Valle Cervo-Novarese; tocca soprattutto la connessione, attraverso un percorso ricco di situazioni urbane specifiche, tra Biella-Piazzo e il Parco Fluviale e Agricolo. Il “bastione” su via Cernaia potrebbe costituire l’origine sia di nuove funzioni compatibili con il nuovo mercato ortofrutticolo, in parte ipogeo, con vista panoramica sulla pianura e con la nuova Piazza delle Erbe, sia di nuovi collegamenti metropolitani e territoriali. Attraverso la nuova torre di legno, con finestre sul paesaggio, scale e ascensori, posta sui nuovi assi urbani, si potrebbe delineare un importante collegamento pedonale e ciclabile, continuare la coltivazioni degli orti, dei frutteti e di altre attività, per esempio ripristinare i vecchi mulini per produrre energia elettrica mediante turbine idrauliche. Tali fatti paesistici promuoverebbero la connessione con l’alveo del torrente Cervo, con le nuove attrezzature e servizi ricreativi-culturali connessi al Parco Fluviale e Agricolo. Queste nuove attività, utilizzando la nuova banchina-fermata sulla linea FS Biella-Novara, costituiranno il “ponte” fisico e ideale con gli ex lanifici Rivetti, con le Pettinature, con la macroregione Mi-To-Francia-Svizzera; nuova porta d’ingresso a una città sostenibile, attenta alla formazione e alla ricerca.