Allestimento della mostra “Paesaggi Piemontesi”

L’allestimento della mostra, pensata e voluta all’interno dell’ex lanificio Trombetta, prende corpo da un guazzabuglio di suggestioni autobiografiche (dalla casa-studio di John Soane all’amore per certi materiali poveri e per certi risparmi, dall’attenzione per il controllo della luce all’amore per alcuni allestimenti genovesi degli anni Cinquanta). Si tratta di un amalgama difficile da maneggiare. Si è cercato di dipanarlo assecondando il carattere astratto della struttura edilizia esistente e le figure di Roberto e Aimaro (Gabetti&Isola) che ci hanno accompagnato in questa avventura, più critica che progettuale.

La manica ottocentesca dell’edificio è connotata da colonne di pietra grigia unite da profilati metallici, dalla scatola muraria tagliata in modo regolare da finestre che aprono la vista alla città e alla collina di San Girolamo – conferendo una certa luminosità, dal solaio piano del soffitto, segnato trasversalmente dalle putrelle in ferro. Peculiarità che hanno suggerito un allestimento in grado di amplificare la vista unitaria dello spazio, un allestimento costituito da elementi bassi, posizionati secondo una regola cartesiana (spesso infranta).
Le architetture e i frammenti sono combinati liberamente attraverso cinque “finestre”; sono accostati in modo inusuale secondo chiavi di lettura soggettive. Le finestre sono solo alcune delle possibili inquadrature scelte dallo sguardo dei curatori su questo paesaggio magmatico. Il paesaggio si può sin da subito osservare in modo personale, facendo uso di una sorta di “grandangolo” o scandagliarlo con uno “zoom” o scoprendo a poco a poco alcuni degli infiniti legami tra i frammenti, poi si può tornare ad apprezzarlo con nuovi occhi nel suo insieme e nella sua fluidità.
L’allestimento è costituito da parallelepipedi realizzati in tre dimensioni diverse, dettate ognuna dal modulo dei pannelli in mdf colorato in pasta, materiale economico che consente di essere montato senza richiedere alcuna verniciatura e che conferisce ai manufatti un certo senso di non-finito. I volumi (di colori diversi, uno per “finestra”, di altezza variabile e adagiati a terra con differenti posizioni) originano così una sorta di orografia, anch’essa generata per pezzi, funzionano da supporto per gli oggetti in mostra che possono essere appesi o semplicemente appoggiati. Il visitatore prova la sensazione di trovarsi all’inizio di un’avventura, forse perché varia e sfaccettata. Avventura che potrà fare seguendo le tappe suggerite dai colori dell’allestimento o secondo percorsi personali scelti tra gli in-finiti possibili.


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